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Clelia: il governo dei preti: romanzo storico politico

675941
Garibaldi, Giuseppe 50 occorrenze
  • 1870
  • Fratelli Rechiedei
  • prosa letteraria
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Clelia: il governo dei preti: romanzo storico politico

e la sera dopo la preghiera e dopo innumerevoli meriti acquistati, sono da me benedetti con la papale benedizione che V. S. mi concedette di largire

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Noi già dicemo che Roma è la terra classica delle belle arti. Là sono ammonticchiate le ruine del mondo antico coi loro templi, colonne, obelischi

Clelia: il governo dei preti: romanzo storico politico

Fra le meraviglie che si trovano nella gran metropoli dell’orbe, le catacombe e i sotterranei non sono le meno notevoli. I primi cristiani

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non rimase nelle mani dei cannibali di Rosas. E sono forse da meno i cannibali del prete? Nella stazione di Monterotondo dove dopo il glorioso

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’aristocrazia al popolo. Vi sono bensì ancora dei baroni, più o meno duri, più o meno forti e coperti di ferro, che affettano ancora l’alterigia e le

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popolazioni sono oggi percorse da bufali selvaggi e da cignali. I giardini, le ville, gli orti, che alimentavano di legumi e di frutta i due milioni d

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a loro non gli resta che la millanteria dei tempi passati. Pare impossibile! a qual punto le nazioni sono corrose dal despotismo e dal prete

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ma la impiegano e pochi ve ne sono che non possiedano qualche barca grande o piccola per darsi all’esercizio di un’arte che fa la gloria e la

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del mondo, se fossero ben diretti, marinari non secondi a nessuno? E tutti questi vantaggi, tutti questi favori della natura sono annientati dalla

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I popoli ben governati e contenti non insorgono. Le insurrezioni, le rivoluzioni, sono la risorsa degli oppressi e degli schiavi e chi le fa nascere

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Privilegio dello schiavo è la congiura e pochi sono gli italiani di tutte le epoche del servaggio del loro paese i quali non abbiano congiurato. E

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alimentato. I poveri soldati sono instancabili nell’opera della fede

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? Io non risposi, ma senza resistenza lasciai che traesse a sé la mia mano che egli baciava fervidamente. Voi saprete, continuava egli, ch’io sono un

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giustizia posto alla tortura. E non sono la giustizia, l’ordine, le leggi, che governano questa babilonia che si chiama Europa civile? L’Europa! ove chi

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gridò: «Le sentinelle sono a posto?» Un’altra voce dall’altro estremo rispose: «A posto». Allora il lume di una torcia accanto alla prima voce illuminò

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Diciott’anni sono trascorsi da quella sera fatale in cui un prete nero nero come la befana avea traversato la piazza della Rotonda per commettere il

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io sono pure trovo che il giorno d’una vittoria è inebbriante e, come ogni altro, io stesso ne ho assaporato la selvaggia letizia. Poco importano, il

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chiesero impauriti la vita dopo che s’erano macchiati contro i loro vincitori con atti infami da veri vandali quali sono e saranno sempre. Se la mia penna

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poeta, sono per l’onoranza ai morti e veramente, credo, che onorare la virtù nei defunti serva d’incentivo ai viventi per imitarli. Ma quando si pensa

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per la bellezza delle sue forme, amava la Clelia di quell’amore per cui i rischi della vita sono giuochi, il pericolo della morte, una ventura. Nella

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sono portati in diversa foggia anche dai briganti e Marzio portava il suo un po’ inclinato sulla destra, però di forma somigliante ad un cappello d

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di puro granito, le sue sorgenti d’acqua dolce sono stupende benché non siano in estate abbondanti. L’isola è ricca di vegetazione, non d’alto fusto

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- il Solitario impaziente chiese a Giulia: «Ebbene, quali nuove dalla nostra Roma? Sono gli stranieri fuori? Ed i preti quando lasceranno respirare

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la redime sono vittorie di stranieri. Sadowa, gloria Prussiana, ha liberato Venezia! e la nazione italiana a niuno chiede ragione di tanto sfregio

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un cimitero? O Beccaria! le tue dottrine sono sante! io ripugno dal sangue! ma non so se l’Italia potrà liberarsi da’ suoi tiranni dell’anima e del

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d’affetti risentita nell’amoroso abbracciamento, avean trasformato in un essere nuovo e risanata la povera giovane. «Io sono passato per Viterbo

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si pensa: essere sì pochi coloro che godono o per meglio dire monopolizzano i benefici della società incivilita e che tanti sono i sofferenti, non si

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adoprano alcuni tormenti i quali per quanto siano gravi alla carne sono infinitamente più lievi degli altri riserbati allo spirito nelle fiamme eterne. Si

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di questa ricchissima ciurmaglia, ciò che resta meritevole del nome di popolo, che non appartiene al negromantismo, sono alcune famiglie oneste del

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indietro alla primitiva loro purezza sarebbero per l’innanzi ben forti contro la tentazione. Oh! se sono giovani i miei lettori, badino al mio consiglio

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, anche se gli avversari prevalevan di numero. I preti lo sanno, e sanno pure che il coraggio disdegna essere guidato dalla viltà e sono certi che in

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combattimento facendo prodigi coll’infallibile sua carabina. Io sono di natura tutt’altro che pessimista e quindi credente nel miglioramento umano sotto

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a quanti sono!". Divorammo il frugale ma abbondante e sano pasto e quel primo bisogno soddisfatto, io richiesi da Tito il racconto delle sue

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affetto imperituro. Tali sono gl’istanti delle anime grandi. La bassa, la volgare gelosia non vi attecchisce mai. Così da una parte l’ammirazione e

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’ tempi antichi. Guardali. Nessuno impallidisce. Tutti sono pronti ad affrontare la morte, comunque essa venga». «Anzi, - rispondeva Orazio - essi

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composto di Romani che sono sotto la vigilanza di soldati stranieri, e di soldati stranieri e romani custoditi da birri, sotto il nome di gendarmi

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delle ammonizioni ad un delinquente che non abbia scusa. «Non è dessa la moglie di Manlio, - s’affrettò a dire Silvia, - sono io! Essa venne solo per

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un petto coperto di cenci?». «Eppure,» soggiungeva Attilio, rispondendo alla digressione del mendico, «quella bella straniera, sono sicuro che ti ama

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sepolcri e alle grandi memorie. In mezzo al deserto, ad ogni passo, sono le vestigie di una potenza che ti sgomenta il pensiero. Spesso nel medesimo

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anche di resistere, era venuta meno. Ma nella città pretina, colla corrotta miserabile educazione della menzogna e dell’ipocrisia, troppi sono i

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solo nostro apparire. Ove diavolo si sono appiattati questi liberali che menan tanto romore?». L’ultima frase aveva fatto ripigliare i loro posti ai

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vita è messa in pericolo da quei fanatici. La maggior parte delle guerre, e le più sanguinose, furono, e sono fomentate dai preti. La recente guerra di

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Manlio cominciò: «Sì! esse sono in casa Corsini; quell’indecente Procopio lo ha negato ma voi sapete in quella tana di vizi quanto sia facile di coprire

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nostri nemici». «E Manlio, Aurelia, e Giulia?» disse la donna volta dolorosamente col pensiero a quei cari. «Essi - rispose Orazio - sono probabilmente

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verso la perla di Transtevere, non era poca e, mi perdoni il bel sesso per cui vecchio come sono conservo una vera adorazione, benché afflitta dall

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facilità con cui lo straniero può nell’Elba imparentarsi cogli isolani, poi rispose: «Io sono qui un semplice ospite come voi, la signorina è la padrona

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sino alla liberazione di Roma, e segno di ricognizione dei trecento) Attilio così cominciò: «Fratelli! Sono ormai due mesi che le soldatesche straniere

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ultimi parossismi del prete sanguinario, oggi tutto astio e vendetta». E Giulia, «io sono del vostro parere: sottrarvi alle persecuzioni di quegli

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lussurie, preferisce la quiete del deserto. Pochi, lo abbiamo detto, sono i proprietari di quelle feraci ed immense pianure e tutti son preti, ingolfati nei

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splendido suo casato, il principe ne troncava colla sua morte la prosapia; e questa idea, sono certo, non mancava di martellare il cervello della nostra bella

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